Panoramica mercati 2T 2023
Il grafico [1] riporta uno spaccato sull’andamento da aprile dei principali indici azionari.
Il Nifty 50, rispetto al primo trimestre in cui aveva ceduto attorno al 4%, da aprile ad oggi* ha registrato un aumento del +7.39%, con una performance YTD a +2.94%.
L’indice giapponese Nikkei 225, sempre nello stesso periodo, è stato il best performer tra i principali indici, registrando un +16.30% (YTD +26.89%).
Segue il Nasdaq a +14.40%, con una performance da inizio anno pari al 34.55%. Anche l’S&P 500 si trova in territorio positivo a +6.24%, mentre da inizio anno è in positivo del 12.96%.
FTSEMIB e DAX hanno sostanzialmente lateralizzato da aprile, rimanendo attorno ai massimi registrati nel primo trimestre dell’anno. Da notare come il DAX abbia registrato un nuovo massimo a metà giugno, dopo aver annunciato, verso fine maggio, la recessione tecnica (a seguito di una crescita negativa del PIL per due trimestri di fila). Da inizio anno FTSEMIB a +14.84% e DAX a +13.13%.
Inflazione in raffreddamento
I dati sull’inflazione di maggio mostrano, nelle principali economie mondiali, un trend dei prezzi in decrescita. Negli Stati Uniti si è attestata al 4%, mentre in Europa i livelli sono relativamente più alti, sebbene in diminuzione. In Germania al 6.1%, in Italia al 7.6%, in Francia al 5.1%, in Spagna addirittura al 3.2%. L’Olanda è tra le poche ad aver visto aumenti rispetto al mese di aprile (attualmente il livello è pari al 6.1%). Complessivamente nell’area Euro si è passati dal 7% al 6.1%. In Regno Unito, invece, è rimasto invariato a 8.7%.
I dati più recenti riguardo il PMI manifatturiero segnano un calo della produzione più marcato nel mese di maggio rispetto al mese di aprile in buona parte delle economie mondiali. In Spagna si è passati da 49 a 48.4, in Italia da 46.8 a 45.9, in Regno Unito da 47.1 a 46.2, in Germania da 43.2 a 41. Il dato generale nell’Eurozona è pari a 43.6 contro 44.8 di aprile.
Il PMI sui servizi, invece, mostra maggiore forza rispetto al dato manifatturiero. Di fatto i paesi sviluppati hanno un’economia basata prevalentemente sulla fornitura di servizi e, in certi casi, può essere preso come dato più veritiero dello stato di salute economica del paese, sebbene spesso, ma non sempre, i dati sul terziario si riflettono con una sorta di ritardo rispetto ai dati sul settore manifatturiero, poiché solitamente questi ultimi sono i primi a riscontrare un calo in caso di un rallentamento economico. Nell’Eurozona questo dato è comunque in diminuzione rispetto ad aprile, passando da 55.1 agli attuali 52.4.
Stop tassi FED, BOE alza di 50bps, BCE continua con aumento costante
In termini di politica monetaria, la FED per il mese di giugno ha deciso di non effettuare ulteriori aumenti dei tassi. Al momento preferisce monitorare gli effetti sull’economia con i livelli attuali, ed eventualmente aumentare di altri 25 bps a luglio o agosto.
In Europa invece la situazione è diversa: premesso che la BCE ha iniziato con i primi aumenti 4 mesi dopo la FED e premesso che quest’ultima ha aumentato il tasso del 5% a livello cumulato, l’istituto centrale europeo, dal canto suo, avrebbe ancora un po’ di strada da fare. Inoltre, come indicato nel punto precedente, l’inflazione in Europa è ancora più alta rispetto a quella americana.
La situazione in Cina, invece, vede la PBOC (Banca Popolare Cinese) più tollerante rispetto ai paesi occidentali. Di fatto in Cina l’inflazione non è un problema (attualmente allo 0,20%), e i tassi d’interesse fino a maggio erano al 3,65%. Per questo motivo recentemente, la banca centrale cinese ha deciso di tagliare i tassi, seppure di poco (- 0,10%), per cercare di dare nuova spinta alla propria economia (a conferma di quanto prospettato nel mio precedente articolo del 21 marzo.
A sorpresa, invece, la banca centrale inglese ha alzato i tassi di 50bps, visto che non ci sono stai miglioramenti sul tema inflazione (ancora alta, a 8.7%). Anche Norvegia (+0.50%) e Svizzera (+0.25%) hanno alzato i tassi oltre le attese, portando il tasso di riferimento rispettivamente a 3.75% e 1.75%.
Aggiornamento sul rischio creditizio delle banche regionali statunitensi
A seguito delle recenti tensioni nel settore bancario statunitense, non si è di fatto concretizzata una stretta creditizia immediata, ma i costi di finanziamento delle banche sono in aumento e, con le politiche di inasprimento quantitativo delle banche centrali, permane comunque il rischio lato credito.
Secondo quanto riportato da un articolo Bloomberg pubblicato il 10 giugno, il mercato sta diventando più ottimista riguardo alle banche regionali statunitensi, ma gli istituti di credito devono ancora affrontare forti pressioni. Soprattutto per quanto riguarda l’esposizione agli immobili commerciali, un’area in cui negli ultimi anni le banche più piccole e regionali hanno giocato un ruolo maggiore. Lavorare da casa ha ridotto il valore degli uffici e quasi 1,5 trilioni di dollari di debiti per proprietà commerciali devono essere rimborsati entro la fine del 2025. Nel frattempo, l’aumento dei tassi di interesse ha reso molte proprietà meno preziose.
“Le banche statunitensi sono diventate molto più vulnerabili al calo dei prezzi degli immobili commerciali”, ha scritto Torsten Slok, capo economista di Apollo Global Management Inc., in una e-mail ai clienti questa settimana. Il risultato è che 700 banche statunitensi ora superano la soglia massima della Federal Deposit Insurance Corp. del 2006 sulla concentrazione dei prestiti immobiliari commerciali. Alcune banche stanno già riducendo la loro esposizione agli immobili commerciali. PacWest Bancorp, uno dei prestatori statunitensi travolti dal trambusto, sta vendendo un portafoglio da 2,6 miliardi di dollari di prestiti per la costruzione di immobili per sostenere la liquidità.
I valori degli uffici sono ora in calo in media del 27% rispetto al loro recente picco dopo essere scesi ulteriormente nell’ultimo mese, secondo Green Street. La proprietà commerciale media è in calo del 15%.
I problemi stanno anche iniziando a diffondersi nel mercato dei titoli garantiti da ipoteca commerciale, dove quest’anno scadranno circa 140 miliardi di dollari di attività.
Negli ultimi anni, secondo i dati compilati da Trepp, una parte crescente dei prestiti confezionati in CMBS (Commercial Mortgage Backed Securities) erano solo interessi. Secondo un recente rapporto della società di dati immobiliari, più del 4% dei prestiti per ufficio impacchettati nei titoli erano in arretrato di almeno 30 giorni a maggio. È il livello più alto dal 2018.
“Prevediamo che gli immobili commerciali più in generale rimarranno sotto pressione data l’immediatezza del muro delle scadenze in un momento in cui il singolo più grande prestatore – le banche regionali – sta subendo un elevato tasso di controllo”, hanno scritto questa settimana gli analisti di Morgan Stanley, tra cui Jay Bacow.