Panoramica della situazione attuale
Focus investimenti
Aumento dei tassi, inflazione, guerra, inizio di una decrescita della domanda globale, prime ondate di licenziamenti. Questo è lo scenario macroeconomico che ha caratterizzato a grandi linee il 2022.
L’inizio del nuovo anno ha fatto registrare un rally sui mercati finanziari, ma cos’è cambiato veramente rispetto all’anno scorso?
Da una parte le banche centrali hanno segnalato che non ci saranno molti altri rialzi dei tassi, probabilmente ancora un paio per la FED e la BCE, mentre la BOJ (Bank of Japan) ha già pensato a bloccare il rendimento dei tassi sulle obbligazioni governative decennali al +0,50%. Resta di fatto che la maggior parte degli istituti centrali ha ribadito che per quest’anno è improbabile pensare che ci sarà l’inizio di un taglio ed una conseguente revisione al ribasso dei tassi di riferimento. Questo perché, nonostante sia stato accertato un calo dell’inflazione complessiva per il sesto mese consecutivo negli Stati Uniti, dove il picco relativo è stato raggiunto a giugno 2022 toccando il 9,1%, per il secondo mese consecutivo nell’Euro zona (picco ad ottobre 2022, al 10,6%) e nel Regno Unito (picco ad ottobre 2022, a 11,1%), prevalentemente a causa di un’attenuazione dei costi energetici, il dato Core (che esclude beni energetici e cibo) ha visto un calo deciso solamente negli Stati uniti, dove è passato da un massimo del 6,6% al 5,7% registrato a dicembre 2022.
Il dato nell’Eurozona, invece, ha raggiunto il massimo a 5,2%, mentre nel Regno Unito è sceso lievemente dello 0,2% rispetto al picco del 6,5%. Il Giappone dall’altra parte ha visto invece un aumento lineare di entrambe le componenti.
Nel suo intervento di lunedì 23 gennaio al World Economic Forum, la presidente della BCE Christine Lagarde ha chiarito che la banca centrale continuerà con un aumento significativo e ad un ritmo costante dei tassi fino al raggiungimento di un livello sufficientemente restrittivo e di rimanere a quei livelli per il tempo necessario.
Date queste premesse non ci si aspettano quindi allentamenti in termini di politica monetaria, almeno in Europa. Negli Stati Uniti la pressione sui prezzi sta diminuendo maggiormente, nonostante siano scoraggianti i dati sulla disoccupazione, uno tra gli indicatori più monitorati dalla FED, che mostrano una situazione in cui il mercato del lavoro è ancora molto solido, sintomo di un’economia forte. Il che è sicuramente positivo, ma se l’obiettivo è quello di raffreddare l’economia, è evidente che le due cose non vanno a braccetto. Per cui anche oltre oceano non sono in vista tagli imminenti.
Licenziamenti: tagli e margini
Molte multinazionali si stanno preparando ad uno scenario economico sfavorevole. A dimostrazione di questo, si stanno registrando nuove ondate di licenziamenti da inizio anno soprattutto tra i big dei settori tech tra cui Microsoft, Google e Amazon.
Questo modus operandi potrebbe generare una sorta di effetto a catena anche sui player più piccoli e tendere potenzialmente ad un’autorealizzazione di uno scenario recessivo seppur lieve.
Nel caso in cui non si dovesse registrare un rallentamento effettivo sull’economia reale dei consumi generali e degli investimenti, la pressione sui prezzi si prolungherà di conseguenza, allungando parallelamente le tempistiche sull’inasprimento monetario.
I tagli del personale per un azionista sono certamente visti come positivi: meno costi, più margine, più dividendi. Ciò spiega parzialmente la recente ripresa dei mercati, oltre al fatto che un fisiologico rimbalzo sia più che normale viste le consistenti perdite registrate nel 2022.
Cosa aspettarsi per il 2023
Nonostante ci sia un’euforia alquanto precoce in una situazione che si prospetta ancora tutt’altro che certa e stabile, oggi i livelli di prezzo di molte società sono decisamente più sostenibili rispetto al periodo compreso tra l’ultimo trimestre 2021 e il primo trimestre 2022.
Il 2023 malgrado le condizioni economiche non siano tra le più rosee e il sentiment complessivo degli investitori sia molto basso, si delinea come un anno in cui è di particolare rilevanza impostare il giusto piano strategico per ottenere risultati soddisfacenti nel medio-lungo periodo.
Sono tre le variabili da tenere in considerazione:
- una buona diversificazione e selezione degli strumenti;
- una corretta ponderazione delle componenti, che tenga in considerazione un livello di rischio allineato in relazione alle aspettative di rendimento dell’investitore;
- una visione di lungo periodo.
Un ulteriore riflessione, ci porta a porre l’attenzione principalmente sul posizionamento in due settori: sviluppo di tecnologie e mercati emergenti.
Questo perché le nuove tecnologie sono in grado di trasformare la nostra quotidianità in meglio, sia in termini di sostenibilità che di efficienza, e con ciò mantenere gli standard di benessere attuali, migliorarli o renderli più accessibili. Mentre i mercati emergenti, dati i tassi di crescita potenziali, il posizionamento a livello macroeconomico, i livelli di debito e il margine di operatività sui tassi d’interesse, rappresentano, se ben identificati, ottime opportunità di investimento.