Panoramica del primo trimestre 2023
Il primo trimestre dell’anno evidenzia uno spaccato eterogeneo a causa di tantissime variabili attive nei mercati internazionali. Un quadro in fermento quotidiano a cui oggi cerchiamo di dare una lettura.
Situazioni contrastanti
I dati mettono in luce, a mio avviso, una situazione abbastanza discordante. Nel vecchio continente alcuni indici hanno raggiunto nuovi massimi in un clima di guerra, inflazione persistente e inasprimento della politica monetaria. Negli States i tecnologici hanno rimbalzato bene, portando il Nasdaq vicino al precedente massimo registrato il 2 febbraio, attorno ai 12.800 $; mentre l’S&P 500 è stato più cauto, riavvicinandosi ai valori di inizio anno.
L’India, dopo una lunga corsa, si prende giustamente una boccata d’aria, cedendo qualche punto percentuale.
In Cina, la conclusione della politica di tolleranza zero contro il Covid, secondo le previsioni, avrebbe dovuto dare un nuovo boost all’economia. Ciò non si è concretizzato e i dati sull’inflazione, che hanno visto un aumento dell’1% a/a (una riduzione del 50% rispetto al dato registrato il mese precedente sempre a/a), hanno dimostrato come la domanda sia rimasta debole nel paese.
La Cina, in particolare, dopo aver visto un tracollo del settore immobiliare, sta iniziando a sentire pressioni anche sul lato del debito, con molti enti governativi locali incapaci di far fronte alle scadenze, aumentando di fatto il rischio di default. Come conseguenza, i governi regionali stanno tagliando gli stipendi, riducendo i servizi di trasporto e tagliando i sussidi sui combustibili.
Il governo di Pechino avrebbe tutte le carte in regola per salvare la propria economia, iniziando un piano di riacquisto bond e rifinanziando le piattaforme di finanziamento locali (il famoso Quantitative Easing, QE), stimolando una nuova espansione. La PBOC, con un tasso d’interesse di riferimento, per il settimo mese consecutivo, riconfermato al 3,65%, e con un tasso d’inflazione all’1%, avrebbe abbastanza margine di manovra. Da capire, però, se l’intenzione di Xi Jinping sarà quella di continuare sulla strada dell’indebitamento o se opterà per una capitolazione dei comparti più vulnerabili del paese.
Rischio credito
Un problema che sta emergendo, invece, nei paesi sviluppati (e non solo) è quello di un potenziale aumento del rischio sul credito.
Le recenti news sul collasso di alcune banche regionali americane e la più recente disgregazione di Credit Suisse, stanno ponendo maggiore stress sul settore finanziario. Il Quantitative Tightening (QT) sta iniziando a farsi sentire e di fatto la FED, per salvare alcune di queste banche e di conseguenza il tessuto economico reale a valle, ha immesso nel mercato 300 miliardi di dollari nel giro di una settimana, annullando buona parte della riduzione di bilancio in atto da circa un anno, che aveva diminuito di circa il 5% il bilancio americano da 9 trilioni di dollari (una diminuzione di circa 500 miliardi), oltre ad aumentare probabilmente, al termine della seduta di domani (22 marzo) del FOMC, il tasso di riferimento dei fondi FED dello 0,25%.
Ulteriori criticità potrebbero sorgere per le aziende con un rating creditizio medio-basso e con livelli di indebitamento consistente. Se queste non riusciranno a continuare a trasferire gli aumenti dei costi sul consumatore finale, vedranno dapprima una riduzione dei propri fatturati (innescati anche da una potenziale riduzione della domanda) e successivamente un impatto sui propri utili, i quali verranno compressi anche da un aumento dei costi di finanziamento.
Allo stesso tempo, gli istituti di credito saranno restii a concedere maggiori finanziamenti o al più saranno disposti a concederli ad un tasso di rendimento più alto, a causa di un aumento implicito dei fattori di rischio sistemico. Inoltre, le banche, visto il QT, non hanno più la potenza di fuoco per acquistare sul primario le obbligazioni e poi rivenderle sul secondario. Di fatto, un’azienda dovrà cercare di attingere a quei canali in modo diretto e trovare una controparte istituzionale disposta ad assumersi maggiori rischi. Ciò tenendo sempre presente che oggi il Treasury a 2 anni rende attorno al 4% annuo, a “rischio 0”.
I dati, in vista
[1]: Andamento YTD principali indici azionari. Source: Tradingview
Il grafico [1] riporta uno spaccato sull’andamento da inizio anno (YTD) dei principali indici azionari.
L’unico indice in negativo è il Nifty 50, che replica la media ponderata di 50 delle più grandi società indiane quotate. L’indice ha registrato una discesa del 6,17%.
Dalla parte opposta troviamo, invece, il Nasdaq 100 con una performance del 14,83%.
Mentre, l’indice che ha registrato un valore più alto nel periodo è stato, a grande sorpresa, il FTSE MIB, il quale ha toccato il +18%, per poi scendere a +9,25%, in concomitanza con l’indice francese (CAC 40).