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L’outlook 2022

di Alessandro Pavan, 11/01/2022

 

Come ogni anno, nel mese di dicembre, vengono pubblicati da tutte le principali banche e i principali asset manager, gli outlook sull’anno successivo. Si chiamano previsioni ed hanno un ampio margine di errore, perché altrimenti, anziché “Outlook 2022” si chiamerebbero “Guide per diventare milionari”.

 

Per questo motivo quindi non vanno intesi come un vademecum sul come e dove investire, ma sicuramente, confrontandone più di qualcuno, ci aiutano a capire le linee di tendenza verso le quali si orientano i principali attori dei mercati finanziari. E leggendo quelli di quest’anno ci sono delle tracce comuni praticamente a tutti gli outlook analizzati. Mentre negli anni precedenti ogni gestore aveva una sua visione, che spesso si trovava anche ai poli opposti rispetto agli altri, quelli relativi al 2022 vedono convergere verso gli stessi focus, mercati e settori la quasi totalità degli attori.

 

Partendo dalle previsioni di crescita, c’è uniformità di visione sul fatto che il 2022 dovrebbe essere un anno positivo, caratterizzato da volatilità dovuta ai molti fattori intrinsechi ed estrinsechi che condizionano l’attuale scenario politico, sanitario e monetario. Tutti gli analisti vedono una crescita comunque inferiore a quella del 2021, che per alcuni indici è stata straordinaria, e probabilmente sotto la doppia cifra, quindi con rendimenti compresi tra 0 e 10%.

 

Altrettanto unanime è la visione relativa ai pesi tra azionario ed obbligazionario, con una netta preferenza per il primo. Il rialzo dei tassi praticamente certo negli Stati Uniti e all’orizzonte anche per l’Europa, aumenta l’incertezza sui bond, condita anche da un’inflazione che ormai ha definitivamente abbandonato l’aggettivo “transitoria”, diventando uno dei temi del 2022. Tolleranza all’inflazione e politiche monetarie incidono anche sulla scelta dei settori su cui puntare, come vedremo di seguito.

 

La geografia delle asset allocation tende a privilegiare i mercati sviluppati. La ripresa post Covid infatti, potrebbe essere più lunga nei paesi emergenti, ancora flagellati dalla pandemia e dalla scarsità di vaccini. Questo fattore potrebbe allungare la normalizzazione delle economie e della produttività di questi paesi, che fanno delle esportazioni la base del loro mercato. E tra i paesi sviluppati, è opinione comune che l’Europa possa sovraperformare rispetto agli Stati Uniti, con altri due focus particolari: Cina e Giappone. La prima, unico vera nota stonata nell’andamento dei mercati 2021, ha ampie potenzialità di ripresa, grazie al piano quinquennale del governo Xi che inizia ad entrare nel vivo quest’anno; il secondo, ha visto il Nikkei chiudere l’anno con un rialzo inferiore al 5%, ben lontano dai corrispettivi europei o americani.

 

Infine un focus sui settori. Titoli ciclici e value la fanno da padroni: industrial e financial i più citati. Ma non mancano tutti quei titoli legati alla transazione ecologica, alla decarbonizzazione e di conseguenza alla mobilità elettrica e alla cosiddetta power innovation. Anche se, tre dei principali gestori analizzati, ovvero Black Rock, JP Morgan e Morgan Stanley, non disdegnano nemmeno per quest’anno titoli legati al mondo growth ed in particolare i settori della robotica, AI, biotech, cybersecurity e cloud computing.

 

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