Sostenibilità, in Italia Molto Rumore per nulla
Come direbbe Shakespeare, da quanto emerge oggi in Italia sulla sostenibilità, c’è “molto rumore per nulla”…
Premetto che per quanto mi riguarda, l’attenzione sulla sostenibilità e sull’agire in maniera responsabile da parte delle imprese, è una “moda” più che virtuosa. Tuttavia questa sensibilità comune deve essere vissuta in maniera etica e non speculativa, o, se volete ve la metta più diretta, in maniera veritiera e non per farci marchette comunicative.
Italia, solo il 35% delle imprese presenta il bilancio di sostenibilità
In Italia il 20% degli spot presenti sui media di comunicazione parlano di sostenibilità, tuttavia il 64,2% delle grandi imprese non presenta nei fatti il bilancio di sostenibilità.
Il dato emerge dalla ricerca condotta da ConsumerLab che è stata presentata nel corso della 2ª edizione del Congresso nazionale “Future Respect – imprese sostenibili, pratiche a confronto” che si è tenuto a Roma a fine aprile.
Dati e fatti
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- 64,2% delle 1.230 aziende analizzate Non presenta il bilancio e solo il 52,8% riserva una sezione del proprio sito internet alla Sostenibilità;
- 60,6% dei 345 grandi gruppi bancari Non presenta un Bilancio di Sostenibilità e il 38,3% Non riserva alcuno spazio sul web alla Sostenibilità;
- 72,4% delle imprese assicuratrici Non presenta un Bilancio di Sostenibilità e il 54% non riserva alcuna sezione alla Sostenibilità;
- 14% delle imprese nel settore cosmesi e benessere presenta i bilanci di sostenibilità.
Per non parlare delle pmi dove i dati solo disarmanti: meno del 9% è realmente impegnato nella trasformazione sostenibile, meno del 3% redige un bilancio di sostenibilità e solo il 6% tratta obiettivi di sviluppo sostenibile, tuttavia senza documentare un concreto percorso strategico.
Strategie di sostenibilità
Sembra anacronistico, ma sì, nel 2022 ancora troppe realtà imprenditoriali non intraprendono percorsi di sostenibilità.
E quello che mi lascia basita è che i giornali siano oberati da una parte di notizie sulla crisi climatica e sugli interventi mondiali in atto (come l’agenda 2030, il protocollo di Kyoto, l’agenda di Parigi,…), dall’altra di pubblicità su prodotti e servizi più green di sempre, come se il nostro fosse il mondo più responsabile mai visto.
Fare attività spot o conseguire una singola certificazione, sia essa legata a sicurezza/qualità/ambiente, non vuol dire essere una realtà sostenibile, vuol dire fare green washing.
Purtroppo in molte imprese c’è ancora il pensiero, definiamolo naïf perché oggi sono di buon cuore, che basti fare qualche azione sporadica per l’ambiente sia per diventare magicamente una realtà green sia per poterlo comunicare subito al proprio pubblico, senza capire che invece è più che mai fondamentale intraprendere un cambiamento che includa i dipendenti a tutti i livelli, i processi aziendali e gli stakeholders.
Io non dico di rivoluzionare la propria realtà imprenditoriale come degli attivisti simil Don Chisciotte, ma almeno di voler riservare la comunicazione a reali progetti di sostenibilità che coinvolgano non solo l’ambiente, la qualità, la sicurezza e la governance, ma anche i propri dipendenti (che spesso poi vivono in aziende con un clima irrespirabile) e la comunità locale.