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Gas, valute e inflazione

di Marco Falsarella, 13/09/2022

I fatti principali del flash sui mercati del 13.09.22

  • Gazprom ha annunciato di aver firmato un accordo con la Cina, la quale inizierà a pagare le forniture di gas in yuan e rubli anziché in dollari statunitensi;
  • India e Giappone aumenteranno la loro cooperazione a livello militare, con l’invito da parte di New Delhi verso l’industria giapponese di aumentare gli investimenti nel Paese;
  • BCE conferma l’aumento dei tassi d’interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale, sul rifinanziamento marginale e sui tassi di deposito, rispettivamente del 1,25%, 1,50% e 0,75%, con effetto dal 14 settembre 2022;
  • 9 nuove navi passeggeri ad alta velocità, ordinate dalla trapanese Liberty Lines al cantiere spagnolo Armon, saranno equipaggiate con motori Rolls-Royce Mtu a propulsione ibrida. Le unità saranno consegnate tra il 2023 e il 2026;
  • Attesi, nella giornata odierna, i dati sull’inflazione americana nel mese di agosto. Si prevede un aumento dell’8,1% a/a, che segnerebbe il secondo rallentamento consecutivo su base mensile. Ciò non dovrebbe influenzare le scelte della FED in merito al programma di aumento dei tassi, vista la sua determinazione a riportare l’inflazione intorno al 2%. Nel frattempo, in Germania si registra un aumento del 7,9% in linea con le attese, ma sopra di 40 bp su base mensile;
  • OPEC+: concordata il 5 settembre la riduzione della produzione di greggio di 100 mila barili al giorno, complice la preoccupazione di una potenziale recessione a livello globale e il possibile aumento dei flussi di petrolio iraniano nel mercato;
  • UE verso taglio obbligatorio dei consumi di elettricità, visto il rinvio momentaneo del price cap a causa di una mancanza di consenso tra i membri dell’Unione.

 

Norvegia contraria al tetto sul gas

Il premier norvegese Jonas Gahr Støre ha ribadito la sua opposizione verso l’imposizione di un tetto massimo ai prezzi del gas, mettendo in evidenza che la misura non risolverebbe i problemi di approvvigionamento dell’Europa, ma che comunque restano aperti a discutere su potenziali accordi di lungo periodo per calmierare i prezzi. La Norvegia effettivamente si trova in una situazione di conflitto di interessi, dato che, con lo stop all’importazione russa, si è vista aumentare notevolmente la domanda. L’Europa, prima della guerra in Ucraina, importava dalla Norvegia il 20% del proprio fabbisogno. Quest’anno si prevede un aumento fino a circa 90 miliardi di metri cubi di gas, quasi il 25% della domanda complessiva (diventando primo fornitore europeo). Nella sola Gran Bretagna le importazioni potrebbero passare dal 41% nel 2021 a circa il 50% nel 2022.

Il governo norvegese a maggio ha previsto un incasso totale derivante dalle esportazioni di gas e petrolio pari a 100 miliardi di euro, contro i 30 miliardi dell’anno scorso.

Støre ha segnalato che la responsabilità di qualsiasi accordo dovrà ricadere su società come Equinor, la quale è disposta a trattare sui contratti di fornitura, anche se molto probabilmente i prezzi non scenderanno al di sotto dei livelli pre crisi, e che in ogni caso attualmente le entrate derivanti dalle esportazioni di combustibili fossili rappresentano il maggior introito per le casse statali.

 

BRICS: stop al dollaro

I tentativi di fuorviare la dominanza del dollaro statunitense come riserva valutaria nei paesi appartenenti al BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), sta prendendo pian piano forma, o perlomeno questa è la direzione verso la quale vogliono tendere i vari membri, chi più chi meno.

Mentre Russia e Cina stanno fronteggiando la loro lotta alla “de-dollarizzazione” a causa dell’inasprimento geopolitico e dell’aumento nella rivalità con gli USA, tale per cui entrambe le nazioni stanno rafforzando sempre di più i propri legami attraverso nuove iniziative, nuovi investimenti e il recente accordo sugli scambi di petrolio in valuta russa e cinese, allo stesso tempo, in un recente comunicato al BRICS Business Forum, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che i membri stanno lavorando allo sviluppo di una nuova riserva valutaria globale, che includerà le loro valute nazionali negli scambi principali, in alternativa ai diritti speciali di prelievo del fondo monetario internazionale (SDR).

Tuttavia, non tutti i membri sono sospinti dalle stesse necessità nel discostarsi dalle attuali convenzioni: ad esempio il governo indiano considera questo cambio di rotta, voluto principalmente da Russia e Cina, come uno sforzo più ideologico che pratico, e in tal senso non ha di fatto preso esplicitamente posizione a supporto della mobilitazione del BRICS nello sfidare l’egemonia del dollaro. Il ministro dell’industria e commercio sudafricano Rob Davies ha più volte evidenziato la volatilità e la dipendenza con valute internazionali instabili, e i benefici che il Paese potrebbe avere attraverso il commercio in valuta locale.

Tutti i membri BRICS hanno comunque fatto dei passi verso un miglioramento della loro autonomia valutaria nel sistema finanziario globale e sono interessati a diversificare e ridurre rischi di shock esogeni connessi dalle fluttuazioni del dollaro, sebbene un distaccamento completo da quest’ultimo pone delle sfide non indifferenti.

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